giovedì 1 dicembre 2016

ROCCALUMERA. RISCHIO ESONDAZIONE TORRENTI: IL PEGGIO DEVE ANCORA ARRIVARE!



Pulizia torrenti jonici, un tema in eterna emergenza, mai risolto veramente: A Roccalumera, abbiamo i torrenti: Allume, Sciglio e Pagliara da tenere d’occhio.
La situazione per torrenti che ricadono sul territorio di Roccalumera (torrente Allume, Sciglio e non per ultimo il torrente Pagliara che interessa i Comuni di Roccalumera e Furci Siculo), non è cambiata, anzi è sensibilmente peggiorata. E’ peggiorata perché l’alveo dei torrenti si è innalzato ulteriormente non essendo stata praticata negli ultimi anni alcuna pulizia e/o rimodulazione. Se è vero come è vero che l’ultima esondazione del torrente Pagliara avvenne appena un anno fa, fra il 10 e l’11 Ottobre 2015, sul lato Furci con danni anche alle abitazioni, è altrettanto vero che, nelle stesse giornate, danni di una certa gravità li provocava ad esempio anche il torrente Savoca sul territorio di Santa Teresa di Riva.

Il 22 Novembre 2016, a seguito di un violento temporale, ben conoscendo la realtà dei torrenti sopra accennata, Fogliodisicilia.it realizzava un video che intendeva avvertire del rischio rappresentato da una eventuale piena del torrente Pagliara, (sito alla periferia sud di Roccalumera).
Chiaramente, non era soltanto la mancata pulizia delle canne della famigerata bretella a preoccupare i residenti, ma l’intero stato di reiterato totale abbandono, (con conseguente innalzamento del livello del greto del torrente), nonché la presenza di numerosi canneti e rifiuti ingombranti disseminati un po’ ovunque lungo lo stesso torrente da anni.

Nella mattinata del 23 Novembre 2016, forse stimolate dalla visione del summenzionato video, venivano inviate  sui luoghi non una ma due ruspe gestite da una ditta della zona, le quali, a seguito di un lavoro durato alcune ore, livellavano l’area a ridosso delle canne della passerella, ammassandola ai lati. Ma, null’altro veniva fatto.

UN PO’ DI STORIA RECENTE
Della delicatissima situazione in cui versano i torrenti jonici, fra cui, oltre al suddetto torrente Pagliara (tra Roccalumera e Furci), anche il Nisi (tra Nizza e Alì Terme), il Savoca (tra Furci e S.Teresa) e l’Agrò (tra S.Teresa e S.Alessio Siculo), si interessarono negli anni anche gli ex consiglieri provinciali Matteo Francilia (di Furci Siculo) e Nino Muscarello (di Alì Terme), i quali denunciarono i possibili gravi pericoli che sarebbero potuti derivare da una eventuale piena.

RICORDANDO LE TRAGEDIE DI SCALETTA E GIAMPILIERI
Nell’ormai lontano 2010, l’ex sindaco di Roccalumera avv. Gianni Miasi, dichiarò sia alle tv locali che attraverso il web: “Ci troviamo in una situazione molto complicata. Da un lato non possiamo togliere la terra dagli alvei dei torrenti, dall’altro lato ci sono seri pericoli che i torrenti possano straripare perché il letto ha raggiunto livelli di guardia”. In seguito, ebbe modo di essere ascoltato, insieme ai sindaci di Alì Terme (Lorenzo Grasso), Nizza di Sicilia (Giuseppe Di Tommaso), Furci Siculo (Bruno Parisi), S.Teresa di Riva (Alberto Morabito) e S.Alessio Siculo (Giovanni Foti), dalla IV Commissione della Provincia regionale di Messina sui pericoli in cui versavano i torrenti del comprensorio jonico. Miasi, che all’epoca aggiunse: “Sarebbe opportuno e necessario togliere la terra dagli alvei del torrenti per depositarla sulle spiagge, soprattutto nei tratti in cui l’arenile è carente”, tuttavia, pur potendo contare sulla collaborazione dei suoi colleghi sindaci, non ottenne alcun risultato concreto.

PURTROPPO, E’ QUESTA LA STAGIONE DELLE ALLUVIONI
In considerazione dell’aggravarsi della situazione negli anni successivi,  il 18 Ottobre 2015, si tenne (addirittura sul greto del torrente Savoca), una Consiglio comunale in seduta straordinaria. In quell’occasione furono presenti, oltre al sindaco De Luca per Santa Teresa di Riva, (il quale impiccò simbolicamente la sua fascia di sindaco ad un cappio appeso al ponte, sospendendosi temporaneamente dalla carica di primo cittadino), i sindaci di: Furci Siculo, Savoca, Casalvecchio, Sant’Alessio Siculo, Castelmola, Mandanici e Antillo. C’è da dire che, mentre in quell’occasione, Roccalumera fu totalmente assente, un risultato concreto, De Luca (ovviamente, solo per conto del torrente Savoca), lo ottenne.

Ma veniamo al presente: nella notte del 26 Novembre 2016, il torrente Pagliara in piena, come tanti altri torrenti a seguito di un violento temporale abbattutosi sulla Sicilia, trasportava a valle una tale quantità di terra, legname e rifiuti ingombranti, tanto da seppellire la quasi interamente la passerella (FOTO). Ebbene: se da una parte, la sua conformazione concava al centro a permesso che le acque del torrente potessero comunque defluire giungendo al mare, dall’altro verso, l’effetto “tappo” è stato più che evidente e preoccupante.

In definitiva, visto che il peggio delle piogge (speriamo di no) potrebbe ancora arrivare, urge la immediata pulitura, non soltanto dell’area a ridosso della suddetta passerella ma, - lavoro che si sarebbe dovuto fare in estate -,  provvisoriamente almeno dei duecento metri di alveo a monte. Chi se ne farà carico ammesso che si interverrà realmente non lo sappiamo, ma certo è che il rischio per il centro abitato non è all’altezza della passerella ma più a monte. Un rischio esondazione sui due bastioni, lato Roccalumera e lato Furci.

01 Dicembre 2016

mercoledì 10 febbraio 2016

ROCCALUMERA. LA CONDOTTA FOGNARIA, I TUBI DI TROPPO PIENO E TANTO ALTRO

In attesa di aggiungere un quadro più dettagliato, che partirà dal funzionamento di un depuratore nelle sue fasi, sino allo scarico a mare tramite condotta sottomarina (vedi valvola di non ritorno, che permette ai liquami di uscire senza far entrare l’acqua del mare nella condotta), vi diamo una prima descrizione complessiva che tiene conto anche degli interventi fatti in questi ultimi anni, prima dall’amministrazione Miasi e dopo da quella attuale capitanata dal dott. Argiroffi. Buona lettura.
Cerco di illustrare quanto a mia conoscenza in merito agli sversamenti che si verificano sull’arenile in prossimità del torrente Pagliara dai due tubi di cosiddetto troppopieno esistenti.
Pompe di sollevamento.
La condotta fognaria comunale esistente sul lungomare di Roccalumera viene convogliata – da Nord verso Sud – nelle vasche di raccolta liquami ubicate in prossimità di Via Caminiti “C” (marciapiede lato mare), di Piazza Carabinieri (marciapiede lato monte), Via Rombes (marciapiede lato monte in prossimità del locale La Vela), di Via Amerigo Vespucci (marciapiede lato monte, quella recintata).

I liquami raccolti nelle varie vasche vanno via via convogliate con l’ausilio delle pompe di sollevamento da una vasca all’altra fino ad arrivare all’ultima (quella recintata). Ogni vasca è predisposta per  due pompe di sollevamento per motivi di sicurezza in caso di guasto e/o malfunzionamento di una delle due. All’interno di ogni vasca c’è un galleggiante posto ad un livello di sicurezza, raggiunto il quale entra in funzione la pompa che spinge la fogna nella vasca successiva posta più sud.
L’ultima vasca (quella recintata) pompa la fognatura verso il depuratore.
Questa vasca è dotata di un tubo di troppo pieno n. 1 che - in caso di emergenza che causa il riempimento della vasca senza possibilità di smaltire verso il depuratore - consente lo sversamento dei liquami ANCORA NON DEPURATI sull’arenile piuttosto che la fuoriuscita dalle botole della vasca sulla strada: ripeto che trattasi di una soluzione di emergenza che si attiva nei casi disperati e non deve essere la regola. La prima accortezza da adottare e programmare è quella di avere sempre due pompe funzionanti nelle vasche prevedendo che in caso di guasto di una delle due si possa utilizzare l’altra. La seconda accortezza (di pari importanza) è di intervenire tempestivamente in caso di guasto per arginare il problema e risolverlo il prima possibile: se non si è a conoscenza dell’esistenza del problema si rischia di intervenire dopo qualche ora con i danni immaginabili. Per arginare il problema si può cercare di ridurre l’afflusso di liquami da Via Rombes facendo riempire al massimo la vasca di raccolta in prossimità del locale La Vela e così via a scalare; questa manovra serve solo a tamponare per poco tempo cercando di risolvere nell’immediato il problema se di lieve entità.
A seguito di un finanziamento di circa €. 150.000,00 ottenuto durante la seconda legislatura Miasi si è proceduto alla manutenzione e/o sostituzione delle pompe di sollevamento delle quattro vasche, all’installazione di nuovi quadri elettrici ed all’installazione di un moderno sistema di allarme tramite invio di sms in caso di mancata attivazione delle pompe una volta raggiunto il livello di sicurezza programmato. Con questo ausilio “tecnologico” e con l’intervento tempestivo si riducono di molto i disagi e, soprattutto, i tempi di intervento e di ripristino.
Depuratore.
Le acque che arrivano – per pompaggio da Roccalumera e Furci e per caduta da Pagliara – seguono il ciclo di trattamento per essere depurate e poi essere convogliate all’esterno. Sulla Via Amerigo Vespucci in prossimità dell’accesso al depuratore c’è una vasca con un tubo di troppo pieno verso il torrente Pagliara che è dotato di una saracinesca rudimentale che consente la fuoriuscita di LIQUAMI DEPURATI in caso di abbondanti piogge o di eventuali ostruzioni alla condotta fognaria o insufficienza della sezione della condotta stessa.
Lungo la via Amerigo Vespucci ci sono una serie di tombini che arrivano in una vasca di raccolta posta in prossimità del lungomare da dove parte la condotta sottomarina.
A seguito di un finanziamento di circa €. 1.250.000,00 ottenuto durante la seconda legislatura Miasi ed eseguito dall’attuale Amministrazione si è proceduto all’adeguamento del depuratore ed al suo potenziamento con la realizzazione anche di un’ulteriore vasca che consentono – nei limiti sempre di un impianto di secondo livello – di avere un livello di depurazione più affinato e si dovrebbe arrivare pure ad avere una minore puzza. Tale intervento non prevedeva nel progetto originario la previsione di interventi sulla condotta fognaria esterna né sulla condotta sottomarina o sulle vasche di sollevamento, contrariamente a quanto asserito per circa un anno e mezzo dall’Amministrazione attuale promettendo con tale intervento la risoluzione pure di altri problemi che, purtroppo, continuano ad esistere.
Vasca di raccolta per condotta sottomarina
A seguito di un finanziamento di circa €. 150.000,00 ottenuto durante la seconda legislatura Miasi si è proceduto alla manutenzione della vasca di raccolta da cui si diparte la condotta sottomarina ed all’inserimento di una pompa di spinta che aveva la funzione di intervenire quando il livello nella vasca superava il limite di sicurezza imposto; tale pompa praticamente aumentava la spinta “naturale” che veniva data dal dislivello tra la vasca all’uscita del depuratore e la vasca stessa. L’importanza di questa pompa di spinta è stata più volte “derisa” dallo stesso Sindaco Argiroffi e per lungo tempo è rimasta inutilizzata scoprendo poi che la condotta sottomarina era parzialmente ostruita.

Pure questa vasca è dotata di un tubo di troppo pieno n. 2 che - in caso di necessità che causa il riempimento della vasca senza possibilità di smaltire verso la condotta sottomarina - consente lo sversamento dei liquami GIÀ DEPURATI sull’arenile piuttosto che la fuoriuscita dalle botole della vasca sulla strada: sottolineo che trattasi di una soluzione di emergenza che si attiva nei casi disperati e non deve essere la regola. La prima accortezza è di intervenire tempestivamente in caso di guasto per arginare il problema e risolverlo il prima possibile: se non si è a conoscenza dell’esistenza del problema si rischia di intervenire dopo qualche ora con i danni immaginabili. Per arginare il problema si può cercare di ridurre l’afflusso di liquami depurati provenienti dal depuratore facendo riempire al massimo le vasche di raccolta ivi presenti (a maggior ragione ora che ce n’è una in più); questa manovra serve solo a tamponare per poco tempo cercando di risolvere nell’immediato il problema o per limitare i danni.
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Giovanni geom. BonarRIGO

ROCCALUMERA. LA CONDOTTA FOGNARIA, IN POCHE PAROLE

Prima di parlare ad esempio di “correnti galvaniche”, mi preme fare una piccola esemplificazione sull’articolo intitolato “Roccalumera. La condotta fognaria, i tubi di troppo pieno e tanto altro”.
Leggendo tale articolo, avrete compreso (se già non ne eravate a conoscenza), che le vasche poste da nord (Nizza) a sud (Furci), sul lungomare di Roccalumera, si trovano rispettivamente: 
1) in prossimità di via Caminiti “C” (sul marciapiedi lato mare); 
2) in prossimità di piazza dei Carabinieri (sul marciapiedi e strada lato monte - foto a lato); 
3) in prossimità di via Rombes, marciapiedi lato monte (di fronte al ristorante “U Paloccu” - foto in basso); 
4) in via Amerigo Vespucci, marciapiedi lato monte, zona recintata con la rete Orsogrill).
In quest’ultima zona, oltre alla appena menzionata vasca dalla quale i liquami vengono pompati al depuratore, troviamo, pochi metri più in là (esattamente accanto alla passerella), è sita la vasca dove giunge la fogna depurata e dalla quale partono i tubi della condotta sottomarina che scarica al largo.
Abbiamo detto che da ognuna delle vasche esce un tubo di troppo pieno. Ricordiamo a cosa serve: esso è indispensabile, (come in qualsiasi lavandino o vasca da bagno), per impedire che, qualora la fogna per un qualsiasi guasto che interrompa il pompaggio verso la prossima vasca, si riempia sino a far esplodere le botole sui marciapiedi e sulla strada. Chiaro è che i tubi (nel periodo che intercorre fra il guasto e la sua riparazione), scaricheranno temporaneamente sulla spiaggia.
Come impedire che avvengano flussi di fogna sulla spiaggia? Soprattutto in estate, quando su questa si riversano migliaia di turisti bagnati fra cui bambini? Proprio cinque o sei anni fa, la passata amministrazione (come abbiamo detto), provvedette, oltre alla sostituzione di alcune pompe di sollevamento, anche all’installazione di un moderno sistema di allarme che in tempo reale avverte l’amministratore che a sua volta chiama la ditta preposta alla manutenzione. E piuttosto ovvio che, più tardi l’amministratore tiene conto dell’allarme “SMS”, e più a lungo si protrarrà il maleodorante flusso fognario con inoltre possibili ulteriori danni all’impianto stesso.
Qualcuno, a questo punto si chiederà: come mai la fogna scorre sempre più spesso sulla famigerata via Amerigo Vespucci, raggiungendo lungomare e spiaggia? In questo caso, ci troviamo di fronte ad un vetusto impianto fatto male. Infatti, le caditoie, poste ai margini della via, raccogliendo le acque piovane le convogliano attraverso piccoli tubi in pozzetti nei quali dovrebbe scorrere solo liquame fognario. 
Dato il terriccio, raramente asportato per mancanza di interventi programmati, ad intasare la conduttura fognaria non è solo una quantità di liquidi spropositata, ma anche tanta sporcizia che, ottura i tubi e fa fuoriuscire fogna mista ad acqua dalle botole. Da ciò, i già detti fiumi di fogna sulla via.
Se poi aggiungiamo il fatto che l’amministrazione precedente a questa, nel sostituire le pompe, si accorse che (causa correnti galvaniche), il tubo fognario era “spaccato” e ne sostituirono una tratta che va dall’altezza della passerella sin quasi al residence “Le Trocadero”, con un tubo in PVC corrugato, (resistente, sia alle alte pressioni che alla carica batterica, è facile intuire come il restante tubo in ferro marcio, debba essere anch’esso sostituto sino al depuratore.
Ma rimarrebbe comunque un altro grosso problema, ossia l’intreccio di tubi e pozzetti fognari con quelli asserviti alle acque piovane. Cosa serve? Serve un nuovo progetto dal quale ottenere un nuovo finanziamento affinchè, non solo sulla via Vespucci, ma dovunque si ritiene ce ne sia bisogno, (e tanti sono stati gli sversamenti e la puzza in giro per il paese), si possa innanzitutto intervenire separando le due condotte (acque bianche dalle acque nere), e nel contempo installare i già detti tubi in PVC corrugato (foto a lato) e di maggior sezione. Infatti, gli attuali risalgono alle amministrazioni Saitta, quindi a più di trent’anni fa. È quindi facile dire, che ciò deve essere fatto in tempi brevi.
Un dettaglio lo meritano gli sversamenti di fogna sul torrente di questi ultimi mesi. Pare sia una soluzione tampone a quanto appena detto sopra. Ebbene, far scorrere i liquami (seppure depurati) non è uno spettacolo per la vista, tento più se si pensa che la precedente amministrazione, ben conscia dei tempi bibilici necessari per un finanziamento che permettesse la sostituzione dei tubi e separasse le condotte, realizzo (07 Luglio 2010), una bypass in PVC corrugato sullo stesso torrente Pagliara.
Nulla stiamo aggiungendo a proposito del depuratore, sul quale sono recentemente stati ultimati i lavori di ammodernamento ed è stata aggiunta una ulteriore vasca. Tali lavori, è giusto ricordarlo, hanno si ridotto la puzza che rese la zona poco appetibile sin dagli anni ottanta, sia per i turisti che ovviamente per i residenti, ma per i già citati problemi di altra natura, rimangono disagi, malumori, cattive figure, conflitti, e pessima immagine per un paese a vocazione turistica.
NOTA. Correnti galvaniche: Piccole crepe, fessure, schegge di gelcoat saltate via, piccoli danni che possono sembrare insignificanti, ma che, a volte, non lo sono. 
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Giovanni geom. BonarRIGO

domenica 7 febbraio 2016

VASCHE DI PRIMA PIOGGIA. COSA SONO E A COSA SERVONO















Le “Fosse di prima pioggia” in calcestruzzo vibrogettato vengono utilizzate per la raccolta delle acque che, nei primi minuti di pioggia, dilavano zone o aree di pertinenza alla rete stradale, alle strutture pubbliche o private oppure ai siti produttivi in cui normalmente si riscontrano presenze di sostanze inquinanti che non possono, per legge, essere convogliati in “pozzi perdenti” od in canali di “acque bianche”. Questa “prima parte di pioggia”, per l’appunto, va convogliata ad una “fossa desoleatrice ”/impianto di depurazione o direttamente nella rete fognaria, la rimanente va convogliata alla rete delle “acque bianche” o al “pozzo perdente ” in modo da permettere la dispersione nel terreno ed il reintegro della falda acquifera, o smaltita mediante trincee drenanti.
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Le “Fosse di prima pioggia” possono essere in calcestruzzo vibrogettato , confezionato con appositi mescolatori, costituito da un impasto di cemento opportunamente dosato con inerti lavati di cava aventi granulometria adeguata; Con armatura adeguata ai carichi di esercizio d’uso.
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PARTIAMO DA UNA PREMESSA: Sappiamo con certezza che gli impianti di depurazione fognaria consortile, (che servono i Comuni di Roccalumera, Furci e Pagliara), sono stati recentemente ammodernati, per una spesa di circa 1,2 milioni di euro.
Essendo questo scrivente recentemente andato a visitarnli di persona, può affermare che di parti (vedi vasche, impiantistica e quadri elettrici), completamente nuove ce ne sono, anche se i due vecchi “carroponte” sono fermi da mesi e quindi una determinata parte della depurazione non avviene come dovrebbe, perche il fondo delle relative vasche non viene raschiato e quindi i liquami trattati adeguatamente.

RIMANGONO ALCUNE VASCHE OBSOLETE (e adesso inutili), DA DEMOLIRE. Il compito, in questo caso sarebbe demandato al Comune e non alla ditta che, (per quattro mesi) si occuperà della gestione degli impianti, (il Geometra Carmelo Romeo, passa dal depuratore e raccoglie i dati tutte le mattina), e della manutenzione.
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VASCHE DI PRIMA PIOGGIA, ANNUNNCIAVAMO NEL TITOLO
Perché ho iniziato questo articolo presentando le “Fosse di prima pioggia”? Ve lo dico subito: Nonostante l’ottimo lavoro realizzato sul depuratore consortile, accade sempre più spesso, (da due anni a questa parte), ed in particolare nei giorni di pioggia, che sulla via Amerigo Vespucci, sita nella periferia sud del paese, (la stessa costeggia il torrente da una parte il depuratore dall’altra), liquami fognari misti ad acque meteoriche, esplodendo dai pozzetti posti lungo la via, si riversino a mo di fiumara in piena, sul nastro d’asfalto. Proprio in faccia alle abitazioni, fra cui alcuni residence nati per accogliere turisti e residenti.
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LA SOLUZIONE, O UNA DELLE TANTE
Se a più riprese, questo scrivente, oltre a documentare con numerosi video i reflui che scorrevano ad ogni pioggia, ed in qualche caso persino in assenza della stessa, proponeva con cognizione di causa la sostituzione dell’intera tubazione obsoleta, marcia e sottodimensionata con apposita tubazione moderna, oggi si permette di dare agli amministratori interessati un suggerimento: le “fosse di prima pioggia”, appunto.
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Non essendoci una separazione fra le due condutture di liquami fognari e acque piovane: il surplus immesso nei trentennali tubi ad ogni scroscio di pioggia, provoca inevitabilmente il desolante (e ancora maleodorante) fiume di melma sulla strada. E allora, perché non considerare l’installazione di una “fossa di prima pioggia” a monte del depuratore?   
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Detto ciò, questo scrivente non si illude che questa od altra soluzione sia realizzabile a breve, tanto più che, (pare), nelle alte sfere delle istituzioni qualcuno abbe a dire a questo o al precedente sindaco roccalumerese:  “Ma voi, che volete rivoluzionare la Sicilia?”. Con una tale mentalità, non ci dobbiamo meravigliare se qualcuno considera, nel ventunesimo secolo, la bella Sicilia un vero e proprio… “deserto”.  
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07 Febbraio 2016 - Giovanni geom. BonarRIGO


giovedì 30 gennaio 2014

PER LA CASA SI SACRIFICA (ANCHE) LA PENSIONE



PER COMPRARE O RISTRUTTURARE, SONO IN AUMENTO LE RICHIESTE DI ANTICIPI DEL TFR E DEI FONDI INTEGRATIVI – Per coronare il sogno di acquistare casa, sistemare i figli, o anche solo quando è arrivato il momento di una ristrutturazione, si percorrono tutte le strade possibili. Compresa quella di sacrificare il denaro messo da parte per la previdenza integrativa o per la liquidazione. Sono in aumento, infatti, le anticipazioni erogate agli iscritti dai fondi pensioni e ai lavoratori che hanno scelto di lasciare i soldi del loro Tfr in azienda, utilizzate per comprare o ammodernare l’abitazione principale.
Si può chiedere fino al 75% del maturato (70% in caso di Tfr) per sé o per un figlio. I dati 2013 non sono ancora disponibili, ma il trend ormai consolidato. Un fenomeno interessante, soprattutto perché si è verificato negli anni in cui le compravendite sono andate incontro ad una battuta d’arresto. Basti ricordare il - 25% di scambi registrato dall’agenzia delle Entrate nel 2012.
“Crescono le richieste di anticipazione insieme a quelle di riscatto, perché le famiglie hanno bisogno di liquidità”, conferma Roberto Maglione di Assofondipensione, associazione di categoria dei fondi negoziali. “In effetti, se qualche anno fa registravamo 30-40 richieste al mese, oggi ne elaboriamo un centinaio”, conferma Stefano Aragona dell’ufficio contribuzioni di Cooperlavoro, il fondo negoziale delle cooperative. E l’ondata arriverà anche ai fondi aperti, solo ritardata di qualche tempo.
Resta il fatto che questo strumento permette di avere liquidità in tempi relativamente brevi. Secondo Fabio Ortolani, presidente di Fonchim, “di solito in due o tre mesi si evade la richiesta”. Ma quali sono in media gli importi erogati? “E’ impossibile dirlo, perché dipende da quanti contributi ha versato l’iscritto fino al momento della domanda. Si tratta di qualche decina di migliaia di euro – aggiunge il presidente -. Senz’altro, quando gli iscritti decidono di affrontare questo passo lo sfruttano appieno e quasi sempre chiedono tutto il 75% disponibile”.
L’anticipazione del Tfr, da sola, può agevolmente coprire una ristrutturazione. Difficilmente, invece, basta per garantire un acquisto. “Generalmente è uno strumento che si usa a integrazione del mutuo”, che viene concesso per quote sempre più piccole del valore della casa: servono quindi più contanti. È pur vero che i fondi non possono opporsi alle richieste, ma naturalmente non “tifano” per una continua uscita di denaro. Al punto che, nel settore, alcuni vorrebbero stabilire l’obbligo, per iscritto, di reintegrare almeno parzialmente i contributi prelevati.
Insomma, bisogna essere consapevoli che, in molti casi, chiedere una quota consistente di anticipazione equivale a pregiudicare la prestazione previdenziale futura. Tuttavia, molti di quelli che ricorrono all’anticipazione sono soddisfatti perché, almeno su quell’importo, non dovranno preoccuparsi di restituire gli interessi alla banca.
AGEVOLATA L’ABITAZIONE PRINCIPALE
La possibilità di anticipazione su quanto accumulato, è riservata soltanto a chi è iscritto al fondo da almeno 8 anni. La Covip ha chiarito che fa fede la data di iscrizione, non l’effettiva contribuzione. Quindi se ci sono state pause nei versamenti, queste non pregiudicano la richiesta. I beneficiari possono essere l’iscritto oppure uno dei suoi figli e la domanda va spedita non oltre 18 mesi dalla data in cui l’iscritto ha sostenuto la spesa (ma i singoli fondi possono definire scadenze anche più brevi). Nel caso dell’acquisto, bisognerà allegare alla domanda una copia del rogito. Se questo non è ancora disponibile, è sufficiente, per far partire la pratica, anche il compromesso. Ma successivamente è necessario produrre l’atto notarile.
In caso di ristrutturazione, invece, servono le fatture, i documenti che attestino se si tratta di lavori straordinari od ordinari. In entrambi i casi, se il beneficiario è il figlio, serve anche lo stato di famiglia. Uno dei requisiti essenziali è che si tratti della prima casa. L’anticipazione non si usa solo per comprare un immobile esistente, ma anche se questo è in costruzione. Ed è valida anche per l’acquisto tramite cooperativa. L’abitazione, inoltre, può trovarsi anche all’estero, a patto di dimostrare che quello è il luogo in cui il beneficiario ha effettivamente la residenza.
Infine, a livello territoriale, è in vigore un’agevolazione per i residenti nelle zone terremotate di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo. Fino al 22 maggio 2015, salvo proroghe, potranno chiedere anticipazione senza bisogno degli 8 anni di iscrizione a una forma pensionistica complementare. E pagheranno l’aliquota agevolata (tra il 15% e il 9%) al posto del 23 per cento.

NOTA: I dati sono tratti da “Il Sole 24 ORE” di Giovedì 30 Gennaio 2014.

giovedì 9 gennaio 2014

CONDOMINI. BONUS SULLE PARTI COMUNI (AGEVOLAZIONI PROROGATE AL 2014)


Le agevolazioni per il risparmio energetico valgono fino al 30 Giugno 2014.
Per i condomini la proroga dal 1° luglio 2013 al 30 giugno 2014 della detrazione del 55%, aumentata per questo periodo al 65%, è possibile se gli interventi sul risparmio energetico riguarderanno parti comuni condominiali ovvero “tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio”.

In quest’ultimo caso, però, tutti i pagamenti dovranno essere effettuati, dai proprietari persone fisiche, nel periodo agevolato, con il rischio che se, a fine giugno 2014, ne mancherà anche solo uno, tutti gli altri condòmini non potranno beneficiare della detrazione del 65% della spesa, dopo averla già pagata.

IL DUBBIO: Andrà chiarito se il beneficio di sei mesi in più spetta alle opere che coinvolgono gli alloggi.
L’ECCEZIONE: Lo sconto del 65% non comprende gli impianti a pompa di calore.

Il decreto legge approvato venerdì dal Consiglio dei ministri prevede la proroga dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2013 della detrazione Irpef ed Ires del 55% sugli interventi per il risparmio energetico degli edifici (tranne che per gli “impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia” ovvero per gli “scaldacqua a pompa di calore”).

LA RELAZIONE TECNICA: Sui conti dello Stato l’effetto prodotto dagli incentivi è positivo per l’anno in corso, a causa dell’incremento di Iva, Irpef, Irap e Ires prodotto dai lavori, mentre l’effetto negativo partirà dal 2014 e toccherà la punta massima nel 2015. nel primo semestre 2014, infatti, l’agevolazione del 65% si applicherà ancora ai lavori realizzati dai condomini.
Per il “bonus mobili” del 50%, con tetto di spesa agevolabile di 10mila euro e uno sgravio massimo di 50mila euro, il beneficio sui conti pubblici è di 8,2 milioni nel 2013, mentre nel 2014 diventa negativo a -42,3 milioni, nel 2015 al -41,7 milioni, dal 2016 al 2023 a -35,2 milioni.

NOTA: I testi sono tratti dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” di Mercoledì 5 Giugno 2013.

SICILIA. LE ORIGINI: IL PERIODO PALEOLITICO E NEOLITICO (parte prima)

PERIODO PALEOLITICO – La particolare posizione geografica dell’isola di Sicilia, posta al centro del mare Mediterraneo, per millenni ha rappresentato il punto d’incontro e, talora, di scontro delle principali civiltà di questo bacino.
Ogni pietra, ogni anfratto, ogni grotta mostrano i segni definiti della presenza di culture diverse, di cui non tutto, al momento, appare chiaramente decifrabile. Basterebbe, però, che l’interesse verso il passato assumesse i toni e i caratteri della ricerca scientifica oculata e programmata, perché nuove sensazionali scoperte venissero alla luce per confermare che questa incantevole terra, ove le stagioni s’alternano senza i rigorosi loro tipici sussulti, è stata elevata a dimora dell’uomo sin dalla sua iniziale apparizione sul nostro pianeta.
La ricerca archeologica, qui, più che un’opera sistematica di valenti studiosi, è stata spesso frutto d’iniziative individuali, i cui risultati sono serviti raramente a squarciare le ombre che ancora oggi avvolgono il passato remoto di questa splendida terra.
Di certo, dovette trovarsi sito l’Uomo di Neanderthal, la cui presenza, tra il 250.000 a. C. ed il 35.000 a. C., è rilevata in quasi tutti i paesi europei ed in Asia occidentale e centrale.
Il periodo intorno al 35.000 a. C. non va inteso come quello in cui cessa la sua esistenza l’Uomo di Neanderthal per lasciare il posto all’Homo sapiens, ma l’epoca più o meno approssimativa in cui si ha la progressiva e definitiva supremazia dell’uomo moderno su tutte le precedenti specie.
Il materiale archeologico preistorico rinvenuto nelle diverse ricognizioni fatte sul suolo isolano, che hanno avuto inizio nel 1713 ad opera di padre Capuani, non è sufficientemente apprezzabile per il numero di pezzi ritrovati, ma è pur sufficiente a stabilire che la Sicilia fu abitata dai progenitori dell’Homo sapiens, in epoca databile attorno al milione di anni fa.
Conforta questa ipotesi, infatti, il ritrovamento ad una profondità di circa 25 m., presso Termini Imerese, comune della provincia di Palermo, di “strumenti quarzitici a scheggiatura bifacciale”, tipici dell’Homo habilis abbevilliano. Altre presenze dell’uomo o dei suoi lontani ascendenti nell’isola di Sicilia, durante il paleolitico inferiore, sono segnalate dalle scoperte fatte da M. Bianchini nella Valle dei Platani, presso Rocca di Vruaro, di armi in pietra a forma di mandorla (amigdala) e sui terrazzi fluviali del Dittaino e del Simeto.
A questi interessanti ritrovamenti vanno assommati i più recenti, fatti da M. Meli, nel 1961, a Giancaniglia (Termini Imerese) e da E. De Miro, nel 1968, presso Eraclea Minoa (Agrigento), di manufatti rozzamente lavorati, riferibili con certezza al paleolitico inferiore.
Lo sviluppo della civiltà isolana del paleolitico inferiore sembrerebbe procedere di pari passo con quello della prospiciente costa tunisina, per cui potrebbe avanzarsi l’ipotesi di uno scambio, anche lento, date le distanze, delle due civiltà.
Ciò farebbe pensare, almeno durante il paleolitico inferiore, ad un collegamento terrestre tra la Sicilia e la costa africana. Avvalorerebbero questa ipotesi le caratteristiche similari del paesaggio paleolitico della fauna e della flora delle due opposte coste mediterranee. Infatti, mentre nella restante Europa in quest’epoca scompare del tutto l’elephas mnaidriensis, esso continua a vivere indisturbato sia in Sicilia sia nei territori nord-africani, come a significare un eguale comune denominatore ambientale, dovuto ad agevoli o, per lo meno, possibili collegamenti terrestri. Al tempo, ogni altra via di comunicazione era preclusa sia all’uomo sia agli animali.
Le testimonianze archeologiche riferentisi al paleolitico inferiore, anche se di numero limitato, sono più che sufficienti a giustificare l’ipotesi della presenza dell’uomo in Sicilia in questo periodo. Vengono, quindi, superate antiche affermazioni che l’Isola fosse abitata a partire dal paleolitico superiore, del quale, qui, come altrove, più consistenti sono i segni tangibili del passaggio dell’uomo.
Non c’è grotta isolana che sia priva di elementi identificatori della civiltà del tardo paleolitico, la quale assume, soprattutto nelle grotte di Levanzo (isole Egadi - nella foto "la Grotta del Genovese"), i caratteri tipici di quella cultura, definibili in ogni loro fase di sviluppo. In questa fase della Preistoria la maggior parte della fauna è costituita da cavalli, buoi, cervi, stambecchi, pesci, tutte figure scolpite nelle pareti delle grotte delle Egadi.
Le figure talora tozze, tal’altra raffinate, tal’altra ancora stilizzate, incise o dipinte (uomo stilizzato nella Grotta del Pozzo a Favignana, come se l’autore volesse lasciare un segno riconoscibile della sua arte, testimoniano il bisogno figurativo, presente nell’uomo sin dalla fase più antica della sua esistenza.
Tra tutte le grotte risplende per avanzato senso estetico e critico la Grotta del Genovese a Levanzo, ove, tra l’altro, i graffiti di un bos primigenus, incisi con bulini di selce sulla nuda roccia, e la pittura di una cerbiatta mostrano un bisogno di comunicazione e di cultura abbastanza elevato dello sconosciuto artista. Nella stessa grotta, ma di origine sicuramente più recente, neolitico-età del bronzo, sono rappresentati animali domestici, tonni e donne in catene. Anche lungo le numerose grotte del litorale trapanese, un tempo collegato con le prospicienti isole aegusee, è stato rinvenuto interessante materiale attribuibile al paleolitico superiore e databile attorno al 10000 a. C.
I reperti più diffusi di questa zona sono rappresentati da frammenti di ossa, selci, conchiglie (una delle prime monete di scambio), ceneri, carboni, raschiatoi, punte di ossidiana, lame litiche grezze e lavorate, bulini di varia natura, ossi di cervi, asini, bovini, canidi, cinghiali, e una zampa di elefante ritrovata dal marchese Della Rosa nella Grotta Emiliana in località Bonagia (Valderice).
Spesso questi segni tangibili del paleolitico superiore si accompagnano a pitture, incisioni sulla nuda roccia, o lettere, croci, piccoli sacelli, tombe riferibili a civiltà posteriori, come quella punica, greca, romana, primo-cristiana, araba e spagnola.
La presenza di culture diverse stanziate in epoche successive alle stesse grotte affermerebbe l’uso abitativo millenario delle caverne, continuato fino all’evo moderno. A questi importanti e rilevanti ritrovamenti compiuti lungo tutta la costa trapanese vanno aggiunti gli altrettanto numerosi ritrovamenti di materiale similare, portato alla luce su tutto il territorio isolano.
A qualche chilometro dall’aeroporto di Punta Raisi, proprio alle pendici della Montagna Longa, in ricognizioni successive, iniziate sin dal 1869 dal Gemellaro e proseguite , ai giorni nostri, dal Mannino, sono stati ritrovati scheletri di elefanti, di bos primigenus, di bison priscus, di cavalli, di ippopotami, d’uccelli, rappresentazioni sulla nuda roccia di cerbiatti, cavalli, nonché oggetti d’uso comune, tra cui lamelle litiche e conchiglie. Materiale più o meno numeroso è rinvenibile anche in buona parte delle caverne dell’Addaura, attorno a Monte Pellegrino, la montagna sovrastante il capoluogo, e in tutte le restanti grotte del Palermitano, tra cui vanno ricordate, per copiosità del materiale rinvenuto, la Grotta di S. Ciro e la caverna di Monte Gallo. In epoche successive, non di rado, queste grotte litoranee furono utilizzate dai mercanti di Tiro, prima, e dai Cartaginesi, poi, come empori commerciali per i loro fiorenti traffici.
Ma non solo la Sicilia occidentale è ricca di presenze umane del Paleolitico superiore: anche la costa orientale, ove ben presto s’affaccerà la civiltà ellenica, conserva nelle sue cavità e fosse marine i segni dell’uomo paleolitico. Le grotte di questa parte di Sicilia risultano maggiormente interrate di quelle occidentali. Le operazioni di sterramento per strati hanno portato alla luce materiale vario di epoche susseguenti.
Di rilevante importanza è la scoperta di una punta litica, detta “a cran”, unico esemplare siculo, nella Grotta di S. Corrado, assieme a bulini e ad altro materiale litico, e di ceramica dipinta di epoca posteriore al paleolitico, assimilabile alla civiltà di Castelluccio (2100-1500 a. C.).
Proseguendo nello studio del paleolitico isolano, di notevole interesse appaiono i ritrovamenti fatti da P. Graziosi nella grotta messinese di S. Teodoro, ove furono rinvenuti negli strati superiori ossa di animali vari, mentre negli strati inferiori selci e quarziti, frammenti di ossa riferibili all’Homo sapiens, materiale litico vario ed uno scheletro umano in buona conservazione. Altre stazioni abitative di questo periodo, importanti ai fini della conoscenza del Paleolitico, sono quelle di Novara di Sicilia (Messina) e di Corruggi (Pachino).
Sebbene sia numerosa la presenza di manufatti dell’uomo del paleolitico in tutta l’Isola, mancano, eccezion fatta per lo scheletro della Grotta di S. Teodoro, rinvenimenti di altri resti umani. Questo è l’unico vero mistero che avvolge il Paleolitico siciliano in tutte le sue fasi di sviluppo.
NOTA: I testi sono tratti dal libro di Gaspare Scarcella “La Sicilia dalle origini al processo Andreotti” del 1997.
09 Gennaio 2014